#Fertilityday: quando la campagna diventa un suicidio (mediatico)
Scopri cosa non fare nel lancio di una campagna
Doveva essere un’iniziativa volta sensibilizzare la popolazione su un tema di stringente attualità qual è l’involuzione demografica che l’Italia attraversa, con oscillazioni irregolari, fin dai primi anni ‘70. Si è trasformato in uno dei più clamorosi autogol del Governo Renzi: il Fertility Day si è rivelato un fallimento su tutta la linea, dall’ideazione concettuale della campagna al contenuto, dalla campagna di comunicazione fino alla successiva gestione delle critiche. E quel lapidario “Se non vi è piaciuta la campagna, ne faremo una nuova” pronunciato dalla Ministra Lorenzin è suonata come la ciliegina finale di un grossolano pasticcio all’italiana.
L’importanza di una giusta pianificazione
Insomma, ogni agenzia di pubblicità che operi nel settore e che si muove tramite social network e altri canali di interazione condivisa sa benissimo quanto scenari del genere possano rappresentare un rischio enorme per un’azienda, sia essa un’attività commerciale, un personaggio pubblico o, come in questo caso, il Governo Italiano.
Ed è proprio questo a sorprendere maggiormente dell’iniziativa del #fertilityday, con tanto di hashtag che avrebbe dovuto diventare il leitmotiv di un successo nazional-popolare e che, invece, si è rivelato il bersaglio prediletto su ci sparare a zero indignazione e sgomento. Un’iniziativa che risulta difficile da spiegare, perché oscure sono le motivazioni reali che hanno spinto i ‘creativi’ della Salute a varare un progetto simile.
Gli errori del fertility day (o almeno alcuni di essi)
Una campagna nata già con le stigmate del fallimento, senza ergere l’agenzia pubblicitaria autrice della campagna a capro espiatorio (sebbene non sia certo esente da colpe). Perché, prima di tutto, scomodare un così ingente apparato comunicativo per invogliare le giovani donne italiane a figliare? Perché porre la questione in termini così semplicistici, ignorando fattori come la disoccupazione, la carenza di un sistema davvero tutelativo per le mamme in carriera e l’assenza di incentivi concreti per le famiglie? Posta in questi termini, e già ben prima di considerare la gestione mediatica dell’evento, è palese come il fertility day sia nato per fare crack, strizzando biecamente l’occhio a una concezione obsoleta e denigrante nei confronti delle donne, facendo sentire inadeguate coloro che sentono già, forte, il ticchettio del proprio orologio biologico.
Poi, certo, non c’è dubbio che gaffe abbia chiamato gaffe, in un vorticare paradossistico di strafalcioni. Una campagna concepita in modo miope, promossa peggio e amministrata nella fase di crisi acuta ancor più clamorosamente male. Se non altro, possiamo ringraziare il #fertilityday e tutto ciò già che ha generato, perché ha mostrato agli addetti ai lavori del settore digital Pr tutto ciò che non bisogna fare. E per una volta, perché non sottolinearlo, ha messo d’accordo il popolo italiano, unito nelle reazioni di disgusto.
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