Come diventare un leader a lavoro: consigli di management

Scopri quali attitudini e peculiarità non dovrebbero mai mancare per diventare un leader a lavoro

diventare un leader a lavoro

Essere bravi nel proprio lavoro non basta ad assicurare a un professionista le capacità di leadership necessarie a guidare un team, un ufficio o un’intera azienda. Se è vero che per qualcuno “fare il capo” può essere una predisposizione naturale, per qualcun altro può invece risultare più complicato. D’altra parte, anche quella del manager è una professione che può essere appresa, studiata e migliorata: ecco alcuni consigli per diventare un leader a lavoro.

Tipologie di leadership

Diciamolo subito: non si può pensare davvero di scrivere una vera e propria guida sulla leadership, sarebbe pretenzioso e forse anche poco onesto. Il motivo è che esistono diverse tipologie di leader e non si può stabilire quale sia migliore in senso assoluto. Ci sono però alcuni elementi, attitudini e peculiarità che, a prescindere dal tipo di guida si scelga di adottare, non dovrebbero mai mancare, in nessun caso o contesto.

Osservare…

Il leader deve sempre dimostrare predisposizione per l’osservazione. Guidare un team è un ruolo delicatissimo e complicato che richiede, prima di tutto, la capacità di avere tutto sotto controllo. Un obiettivo che non può prescindere dalla capacità di analizzare tutto ciò che accade intorno: gli atteggiamenti dei membri del gruppo, il loro linguaggio del corpo, le interazioni sono parte integrante ed elementi fondamentali se si vuole trasformare un gruppo in una squadra. Le dinamiche aziendali sono complicate e richiedono un’attenzione particolare al dettaglio: è lì che, spesso, si nascondono grandi verità, criticità, punti di debolezza e minacce.

…E ascoltare

Osservare non basta. Un leader che fa bene il suo lavoro deve essere risoluto e agire sempre in modo tempestivo. Il che, però, non si traduce in un comportamento di rifiuto al dialogo, anzi, è il contrario. Guidare un team non vuol dire urlare ordini, ma prima di tutto comprendere i bisogni della squadra. E il modo migliore per farlo è ascoltare: porre domande, chiedere pareri, stimolare il dialogo, accettare anche le critiche e i consigli. Poi, però, occorre sempre tenere a mente che le decisioni – e le responsabilità che ne derivano – sono compito di chi guida, non di chi esegue.

Confidente sì, amico no

Veniamo a un punto spinoso: è giusto stringere rapporti di amicizia con i collaboratori che si ha il compito di guidare? La risposta in questo caso è netta: meglio di no. Mantenere i ruoli e rispettare le distanze è spesso fondamentale per non perdere la propria autorevolezza e gestire il proprio ruolo senza intoppi di natura relazionale. Ciò non significa che bisogna pretendere formalità e reverenza (ovviamente!), ma preservare il giusto distacco. Stringere relazioni di eccessiva amicalità può portare a un indebolimento della propria credibilità. Ok il team building, va bene instaurare un clima informale e, perché no, anche scherzoso, ma la suddivisione dei ruoli e delle responsabilità deve sempre essere chiara, anche perché il leader è anche colui che, per primo, deve rispondere di eventuali fallimenti, problematiche e traguardi non raggiunti.

L’importanza della coerenza

Come detto, non esiste un’unica tipologia di leadership né un modello migliore da seguire. Tuttavia, è importante che il leader dimostri coerenza nei propri comportamenti e nel modo di relazionarsi con il team. I membri di un gruppo imparano a relazionarsi con il proprio referente, ne riconoscono le caratteristiche e si adeguano al suo modo di ragionare e di agire, ed è bene che ciò non cambi nel corso del tempo. Certo, periodi di lavoro più intensi, scadenze imminenti o imprevisti possono imporre un atteggiamento più duro o un più accentuato richiamo all’autorità, ma è nel lungo periodo che un leader deve dimostrarsi lineare nel proprio modo di approcciarsi al gruppo e ai doveri aziendali.

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